Allarme Pensioni

L’ “Ufficio Sindacale di Autonomia&Indipendenza” è a conoscenza della vera e propria bomba ad orologeria innescata dalla c.d. riforma Dini del 1995 ed è già pronto ad adottare e suggerire le più opportune iniziative.

La questione riguarda tutti coloro che, al 1° gennaio 1996 non avevano alcuna contribuzione versata presso forme di previdenza obbligatoria (in pratica, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, salvo che abbiano riscattato la laurea per periodi anteriori).

Quindi, la questione tocca i magistrati più giovani.

Tutto è partito con la “riforma Dini” del 1995 che, all’articolo 2 comma 18, stabilì che, oltre un certo livello di reddito, oggi fissato in 100.123 euro, il lavoratore non doveva più pagare i contributi e il datore di lavoro/INPS-INPDAP non avrebbe più dovuto calcolare i trattamenti pensionistici.

La conseguenza concreta di tutto questo è che, ipotizzando un reddito ‘a regime’ di circa 200.000 euro l’anno e posto che la copertura pensionistica (nel sistema contributivo) è di circa il 75-80%, all’atto della pensione molti magistrati avranno una copertura solo del 40–45 % (insomma, se andranno in pensione con uno stipendio ad esempio di 8.000 euro, la loro pensione, per effetto del ‘tetto contributivo’, sarà inferiore a 4.000 euro al mese!).

A questo danno si aggiunge poi il rischio di una vera e propria beffa, che bisogna assolutamente evitare.

La nostra amministrazione (come molte altre, in verità) continua a operare sui nostri stipendi il prelievo previdenziale a carico del lavoratore (pari all’8,8% dell’imponibile) anche per la quota che eccede il massimale di € 100.123.

Per averne conferma, coloro che superano tale massimale vadano a guardare i propri cedolini di dicembre 2014 (quelli ‘pesanti’, con la tredicesima) e vedranno che vi è stata operata una trattenuta di circa 2.000 euro.

In base alla legge, tale prelievo non è dovuto (in quanto si attesta sulla quota di reddito che supera il ‘massimale’), ma il fatto ancora più è grave è che non vi è praticamente nessuna speranza che, un domani, l’INPS conceda la pensione anche su questi contributi.

Insomma, molti magistrati stanno subendo un prelievo illegittimo a fronte del quale non avranno nessun vantaggio pensionistico.

Questo cortocircuito si è verificato perché la riforma Dini è stata attuata solo in parte. Il legislatore del ’95, invero, oltre all’obiettivo di evitare le c.d. “pensioni d’oro”, aveva l’intenzione di spingere per la creazione di forme di previdenza complementare, che però per noi magistrati non risultano essere state realizzate, non essendo stato attuato il disposto del citato art. 2 comma 18, secondo cui il Governo era delegato ad emanare, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della riforma Dini, “norme relative al trattamento fiscale e contributivo della parte di reddito eccedente l’importo del tetto in vigore, ove destinata al finanziamento dei Fondi pensione di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni ed integrazioni ….”.

Trattasi di forme di previdenza complementare che esistono in genere per le categorie dei pubblici dipendenti, ma non per noi magistrati, che siamo “non contrattualizzati” (nelle ultime settimane avete, infatti, letto di mail di colleghi che chiedevano del Fondo di previdenza complementare “Perseo – Sirio”, che appunto a noi non si applica).

A fronte di tale panorama normativo, gli uffici dell’INPS, recentemente contattati, hanno peraltro confermato la circostanza del prelievo illegittimo (in buona sostanza “fondo perduto”) oltre il tetto di 100.123 euro: i loro sistemi informatici sono infatti impostati (e continueranno ad esserlo) in modo tale da non consentire il calcolo della pensione oltre il livello del massimale (e, questo, indipendentemente dal fatto che l’amministrazione abbia erroneamente operato il prelievo oltre il massimale stesso, in quanto trattasi di un problema fra noi e la nostra amministrazione).

A nostro avviso, in questa situazione, occorre innanzitutto attivare l’ANM e promuovere una riunione immediata del Comitato intermagistrature affinché venga richiesta con urgenza la costituzione immediata di un tavolo tecnico con il Ministro della Giustizia, il CSM, l’Istituto Nazionale di Previdenza e Mutualita’ dei Magistrati Italiani e la stessa ANM, con l’obiettivo di dar vita ad un Fondo di previdenza integrativa, quale strumento di tutela ormai indispensabile per i magistrati entrati in carriera dopo il 31 dicembre 1995.

Nel caso in cui tale Fondo non venga tempestivamente costituito ovvero il singolo non intenda aderire allo stesso, occorrerà agire su più piani. I quali possono diventare pure piani alternativi di azione nelle more della istituzione del Fondo (tanto più che vi è anche l’esigenza di evitare la prescrizione dell’azione restitutoria dei contributi illegittimamente trattenuti dall’amministrazione).

In particolare:

Per quanto riguarda il passato, bisognerà richiedere all’amministrazione di restituire i prelievi indebitamente operati sulla parte che eccede il massimale, maggiorati degli interessi (si tratta di importi di rilievo, anche sette/otto mila euro l’anno, per i quali occorrerà verificare caso per caso l’eventuale maturazione della prescrizione).

Per quanto riguarda il futuro:

  • coloro che sono stati nominati o comunque hanno iniziato a lavorare negli anni immediatamente successivi al 31 dicembre 1995 potranno presentare domanda all’INPS di riscatto di laurea per i periodi ante 1996. Vi è infatti una circolare INPS (la n. 42/09) secondo cui la ‘legge Dini’ si interpreta nel senso che si può escludere l’applicazione del massimale anche se il lavoratore si costruisce “ora per allora” una posizione contributiva per i periodi ante 1996 (ad esempio, attraverso il riscatto totale o parziale della laurea). In questo caso, però, l’esclusione del massimale opererà solo per il periodo successivo alla presentazione della domanda di riscatto. Per il riscatto, che ovviamente andrebbe richiesto al più presto, si paga una somma anche cospicua, eventualmente rateizzata mediante trattenute sullo stipendio, ma questo può garantire in futuro una pensione più dignitosa (e non si dimentichi che, per ogni euro di contribuzione a carico del lavoratore, l’amministrazione ne corrisponde circa altri due, e questo è un indubbio vantaggio di cui occorre approfittare). Peraltro, la presentazione della domanda di riscatto non è vincolante per l’istante, nel senso che questi, una volta ricevuta (può avvenire anche dopo molto tempo) la risposta dell’amministrazione con il prospetto di liquidazione e le modalità di pagamento, può anche rinunziarvi nel termine indicato dall’ufficio. Quindi, il consiglio che diamo è di presentare la domanda di riscatto per poi decidere in seguito, una volta ricevuto il prospetto di liquidazione e fatti i dovuti conteggi.
  • I magistrati ancora più giovani, che non sono stati nominati o non hanno cominciato a lavorare negli anni immediatamente successivi al 31 dicembre 1995, e che pertanto non possono “retrodatare” ante 1 gennaio 1996 l’inizio del rapporto contributivo col riscatto degli anni di università, dovranno – nell’ipotesi di mancata costituzione del Fondo di previdenza integrativa o di non volontà di adesione allo stesso – diffidare l’amministrazione dall’effettuare prelievi sulla quota di retribuzione eccedente il c.d. tetto.

Forniamo questo contributo tecnico in spirito di piena collaborazione, pronti ad agire in accordo con la GEC e nei vari ambiti (Tavolo Tecnico, Comitato Intermagistrature, etc.).

Al contempo, ribadiamo la nostra intenzione di adottare, anche autonomamente, tutte le iniziative opportune a tutela delle retribuzioni e delle pensioni dei magistrati.

L’Ufficio Sindacale di “Autonomia&Indipendenza”

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