Allarme Pensioni: la sintesi delle questioni

  • L’Ufficio Sindacale di Autonomia&Indipendenza, in considerazione della notevole complessità della questione relativa al c.d. “allarme pensioni”, intende offrire all’attenzione dei colleghi una sintesi dei principali profili sino a questo momento emersi, delle iniziative e delle proposte che il gruppo di Autonomia e Indipendenza porterà avanti nei prossimi mesi ed anche nel corso del prossima riunione del Comitato Intermagistrature di settembre.
  • Com’è noto, l’art. 2, co. 18 della riforma Dini del 1995 ha stabilito che oltre un certo livello di reddito, ad oggi fissato in € 100.324,00, il lavoratore non avrebbe più dovuto pagare i contributi ed il datore di lavoro/INPS-INPDAP non avrebbero conseguentemente più dovuto calcolare i trattamenti pensionistici.
  • Abbiamo prontamente denunziato che tale disposizione è ritenuta dall’I.N.P.S. applicabile anche ai magistrati nominati con DD.MM. successivi al 1.1.1996 privi di anzianità contributiva antecedente a tale data [1].
  • La nostra denunzia si è resa necessaria perché, in primo luogo, l’applicazione del c.d. massimale comporta l’evidente peggioramento della futura condizione pensionistica dei giovani magistrati: in pratica, comporterà il taglio delle pensioni future in misura drastica ed anche superiore al 50% (basti pensare che 100.000 euro corrispondono oggi all’incirca al 50 % della retribuzione lorda complessiva goduta dai magistrati col massimo dell’anzianità).
  • In secondo luogo, si è resa necessaria perché la nostra amministrazione (come molte altre, in verità) continua a operare sui nostri stipendi il prelievo previdenziale a carico del lavoratore (pari all’8,8% dell’imponibile) anche per la quota che eccede il massimale di € 100.324,00: tale prelievo, oltre ad essere indebito, non si tradurrà nella corrispondente prestazione pensionistica.
  • A seguito della nostra segnalazione, sono state sollecitamente convocate dal Presidente dell’A.N.M. due riunioni del Comitato Intermagistrature ed in tale sede Autonomia&Indipendenza ed il suo Ufficio Sindacale si sono resi disponibili a fornire ogni utile contributo e collaborazione.
  • Nel corso della prima riunione del Comitato è stata da altri prospettata la tesi della non applicabilità alla magistratura del c.d. massimale contributivo, sul presupposto del mancato esercizio della delega prevista dall’art. 2 comma 23 della medesima riforma Dini.
  • Abbiamo da subito manifestato le nostre serie perplessità rispetto a tale tesi, rappresentando tra l’altro che la delega in questione è stata esercitata con l’adozione del D.Lgs. n. 165/1997 (dalle cui disposizioni, peraltro, non pare potersi trarre sostegno alcuno alla tesi dell’inapplicabilità alla magistratura del massimale).
  • Dello stesso avviso il parere fornito dall’Avv. Rossi su incarico dell’A.N.M., parere esaminato nel corso della seconda riunione del Comitato e dal quale emerge l’avvenuto esercizio, oltre che della delega sopra esaminata, anche della delega prevista dal medesimo art. 2 co. 18 in ordine al trattamento fiscale e contributivo della parte di reddito eccedente l’importo del tetto in vigore, ove destinata al finanziamento di forme di previdenza complementare (delega segnatamente esercitata con il D.Lgs. n. 579/1995).
  • Non pare poi potersi ipotizzare l’inapplicabilità del massimale sulla base della singola tipologia di gestione previdenziale, argomentando dal fatto che il comma 18 in esame contiene un riferimento testuale alle sole “forme pensionistiche obbligatorie”: il massimale contributivo è infatti una delle principali regole di calcolo deputate ad assicurare equilibrio finanziario all’intero sistema contributivo e come tale, anche stando all’art. 1 co. 6 della medesima riforma Dini, si applica all’assicurazione generale obbligatoria ed alle forme sostitutive ed esclusive della stessa (come anche evidenziato nel parere del legale incaricato dall’A.N.M.).
  • Né sembra sostenibile la tesi secondo cui l’inapplicabilità del massimale discenda dalla radicale inapplicabilità dell’intero sistema contributivo a fronte della mancata attivazione della previdenza complementare (il c.d. secondo pilastro del sistema pensionistico riformato), eventualmente previa dichiarazione di illegittimità costituzionale delle relative norme della riforma Dini. Questa strada, infatti, è stata già percorsa negli anni scorsi dal personale del comparto sicurezza, che ha coltivato apposito contenzioso dinanzi al G.A.: tuttavia non solo deve rilevarsi che il giudice amministrativo ha recentemente declinato la propria giurisdizione a favore del giudice contabile (cfr. sent. T.A.R. Lazio n. 5803/2015), ma deve anche sottolinearsi come risulti quanto meno inverosimile che, eventualmente sollevata la questione di legittimità costituzionale da parte del giudice contabile, il legislatore non intervenga con una norma ad hoc onde evitare che l’intero sistema pensionistico contributivo ormai a regime (e, per esso, l’equilibrio delle finanze dello Stato) sia travolto da un ipotetico intervento della Consulta.
  • Non pare infine configurabile un diritto del singolo magistrato a vedersi risarcito a fronte della mancata attivazione della previdenza complementare, avendo il giudice amministrativo più volte chiarito come il singolo ricorrente non sia titolare né di un diritto soggettivo né di un interesse legittimo al riguardo, potendo semmai riconoscersi un interesse di tal fatta (peraltro di carattere strumentale) solo in capo alle organizzazioni sindacali legittimate a partecipare alle procedure di contrattazione collettiva (cfr., ex multis, C.d.S., sent. n. 5698/11), il che rende per altro verso superfluo un attento esame circa le effettive modalità con cui ottenere, eventualmente in sede di ottemperanza, l’attuazione di un diritto all’attivazione di forme pensionistiche obbligatorie le quali richiedono una complessa attività, anche normativa, del governo.
  • Riteniamo quindi che le argomentazioni testuali e sistematiche prospettate a sostegno della tesi dell’inapplicabilità del c.d. massimale siano fondate, in parte, su presupposti normativi errati e, in altra parte, su ricostruzioni più suggestive che effettivamente ed agevolmente percorribili: la magistratura deve pertanto confrontarsi ed affrontare efficacemente ed unitariamente le nefaste conseguenze derivanti dall’applicazione del massimale.
  • Per questo riteniamo sia necessario agire su più fronti.
  • In primo luogo occorre diffidare l’amministrazione alla restituzione dei prelievi indebitamente operati sulla parte che eccede il massimale, maggiorati degli interessi: si tratta di importi di rilievo in quanto i contributi trattenuti illegittimamente ammontano, in media, ad €. 3.000 all’anno e questa somma arriverà fino ad €. 6.000 all’anno col progredire dell’anzianità e della retribuzione.
  • Tale questione è di stringente attualità per i colleghi nominati con i primi D.M. successivi al 1.1.1996, in considerazione dell’epoca in cui la relativa retribuzione ha superato il c.d. massimale e della pacifica applicabilità alla specie del termine quinquennale di prescrizione (in relazione a cui non risultano configurabili cause di sospensione o di interruzione, anche tenuto conto della stabilità del nostro rapporto di lavoro).
  • Per questo abbiamo ritenuto utile predisporre un modello di diffida da inviare a mezzo pec o raccomandata A/R all’INPS ed al Ministero, disponibile anche sul sito internet www.autonomiaeindipendenza.it
  • La diffida in questione ben può essere inviata, eventualmente a fini solo prudenziali, anche da chi non ritenga applicabile alla magistratura ordinaria il c.d. massimale, atteso che, da un lato, anche i sostenitori della tesi dell’inapplicabilità non nascondono la più che probabile necessità di un contenzioso per affermarla (contenzioso nell’ambito del quale evidentemente l’amministrazione eccepirà, ove possibile, anche la maturazione della prescrizione) e che, dall’altro, il mero invio di una diffida non comporta (rectius, non può giuridicamente comportare) il riconoscimento dell’applicabilità di una norma di legge, quale effetto che evidentemente prescinde dalla disponibilità dei soggetti che di tali effetti sono (o sarebbero) i destinatari.
  • In secondo luogo occorre approfondire sia la possibilità sia l’opportunità di evitare l’applicazione del c.d. massimale mediante la retrodatazione della propria anzianità contributiva a mezzo, ad esempio, del riscatto degli anni di laurea [1][2].
  • Come emergente sia dai nostri documenti sia dal parere del legale incaricato dall’A.N.M., secondo la circolare del 18.12.2008 dell’allora I.N.P.D.A.P. (e secondo la circolare n. 42/2009 dell’I.N.P.S.) il massimale non trova infatti applicazione laddove il magistrato possa vantare qualsiasi contribuzione previdenziale pregressa (effettiva o figurativa, anche ove diversa da quella attuale ed anche in mancanza del ricongiungimento dei relativi contributi) ovvero laddove il magistrato possa vantare anzianità contributiva anteriore al 1.1.1996 per effetto del riscatto di tutti o di parte degli anni del corso di laurea.
  • Riportiamo di seguito uno stralcio della tabella di sintesi da noi predisposta per rappresentare le ipotesi più significative astrattamente interessate dalla questione.
IPOTESI A

Magistrati nominati con D.M. successivo al 1.1.1996 che siano in condizioni di costituirsi (ora per allora) un’anzianità contributiva anteriore al 31.12.1995 mediante il riscatto di tutti o di alcuni degli anni del corso di laurea senza “buchi” contributivi rispetto al successivo ingresso in magistratura.

A normativa vigente l’applicazione del massimale contributivo può sicuramente essere evitata procedendo al riscatto: è onere del magistrato rendere edotta l’amministrazione della domanda di riscatto, così da non rendere operante il massimale contributivo (dalla data della domanda di riscatto ed a condizione del successivo pagamento di quanto dovuto per il riscatto).

I magistrati che ad oggi hanno già raggiunto una retribuzione superiore al massimale e che si trovano in questa situazione, ove orientati per il riscatto, devono tenere presente che, secondo la suindicata circolare I.N.P.S., il massimale non opererà solo a decorrere dalla mensilità successiva a quella di comunicazione all’amministrazione dell’avvenuta presentazione della domanda di riscatto (mentre opererà per il periodo successivo al superamento del massimale ed anteriore alla comunicazione della domanda di riscatto) [3][2]

IPOTESI B

Magistrati nominati con D.M. successivo al 1.1.1996 che possono costituirsi (ora per allora) un’anzianità contributiva anteriore al 31.12.1995 mediante riscatto di tutti o di alcuni degli anni del corso di laurea con “buchi” contributivi rispetto al successivo ingresso in magistratura.

 

Riteniamo che anche in questo caso l’applicazione del massimale possa essere evitata mediante il riscatto, valorizzando la circostanza che, stando alle circolari INPS ed INPDAP, l’ingresso di anzianità assicurative derivanti da accrediti figurativi e riscatti determina la loro collocazione temporale nei periodi cui i relativi eventi si riferiscono e la loro regolamentazione secondo le regole pensionistiche a tale data vigenti (si veda, analogicamente, quanto disposto dall’art. 2, co. del D.Lgs. n. 184/1997 in tema di quantificazione degli oneri del riscatto, norma citata anche nel parere del legale incaricato dall’A.N.M.).

Tuttavia, tenuto conto della rilevanza della questione e delle evidenti ragioni prudenziali che inducono a non fondare la nostra tesi sulla sola esegesi di disposizioni non esplicitamente disciplinanti tale profilo, A&I si farà promotrice della proposizione di apposito quesito all’Istituto di Previdenza.

Nelle more (e pur auspicando la previa risposta da parte dell’INPS al nostro quesito), i colleghi già soggetti all’applicazione del massimale ed interessati ad evitarla mediante il riscatto degli anni del corso di laurea, ben potrebbero cautelativamente chiedere il riscatto e comunicarlo all’amministrazione (onde non far applicare quanto meno da tale momento il massimale); a questo punto tali colleghi, quali diretti interessati, ben potrebbero a loro volta formulare –   preventivamente alla quantificazione del dovuto ed al relativo pagamento – apposito quesito all’INPS in ordine agli effetti sull’applicazione del massimale del pagamento dell’importo dovuto.

IPOTESI C

Magistrati nominati con D.M. successivo al 1.1.1996 che non possono costituirsi (ora per allora) un’anzianità contributiva anteriore al 31.12.1995

Applicandosi il secondo l’INPS il massimale contributivo, al
raggiungimento del massimale tali magistrati dovranno verificare che l’amministrazione non trattenga indebitamente dei contributi ed in generale, al fine di assicurare loro un adeguato trattamento pensionistico, dovranno essere predisposte idonee forme di previdenza complementare.
  • Merita tuttavia di essere evidenziato, con riguardo alla situazione dei colleghi che vengono a trovarsi nelle due suesposte ipotesi A) e B), che la valutazione in ordine all’opportunità di procedere effettivamente al riscatto involge molteplici e complessi aspetti, economici e non: si consideri infatti che, onde procedere ad una meditata valutazione, si rende necessario non solo acquisire i programmi informatici che consentano di quantificare e paragonare, con la dovuta precisione, i possibili futuri trattamenti pensionistici percepibili dai singoli magistrati a legislazione vigente (a seconda dell’applicabilità o non del massimale, nonché, soprattutto, a seconda della specifica situazione contributiva del singolo magistrato, dei contributi effettivi o figurativi ante 1996, del loro avvenuto ricongiungimento e così via), ma anche ponderare le differenti conseguenze normative ed economiche derivanti dall’adesione all’uno od all’altro sistema (si pensi, tra l’altro, al differente trattamento fiscale complessivo dei due sistemi, alle diverse modalità di erogazione dei benefici successivamente al pensionamento, alla perdita – in caso di applicabilità del massimale – della quota parte di contribuzione posta a carico dell’amministrazione, alla diversa regolamentazione dei presupposti di accesso alla pensione anticipata).
  • Ebbene, considerate le difficoltà incontrate dai colleghi nel far fronte a tematiche così complesse, riteniamo che la pur pregevole attività consulenza su profili di ordine generale offerta dal legale incaricato dall’A.N.M. sia necessaria, ma non sufficiente.
  • Risulta infatti necessario offrire ai colleghi anche l’ausilio di un consulente che, esaminata l’intera situazione retributiva e contributiva del singolo magistrato, possa supportarlo nella scelta del sistema pensionistico per lui migliore, previa attenta ricostruzione della vicenda contributiva del singolo ed adeguata ponderazione di tutte le suesposte variabili economiche, fiscali e normative.
  • Per questo, a partire dal prossimo mese di settembre, Autonomia&Indipendenza:

– da un lato, continuerà a rispondere ai numerosi quesiti (di ordine giuridico ovvero anche di ordine economico/previdenziale aventi carattere generale) che potranno, come sempre, essere indirizzati all’indirizzo di posta elettronica ufficiosindacale@autonomiaeindipendenza.it e che verranno evasi a titolo del tutto gratuito, sia per gli aderenti sia per i non aderenti al gruppo;

– dall’altro lato, per offrire un pieno supporto ai colleghi (che, come tutti sappiamo, concentrano ogni loro energia nell’adempimento dei doveri di servizio, tralasciando spesso di curare il rispetto dei propri diritti, anche per la notoria difficoltà di seguire i relativi iter procedimentali), attiverà una convenzione con un consulente, cui i colleghi potranno fare riferimento per ottenere la ricostruzione analitica della propria posizione retributiva e pensionistica [4].[3]

  • Occorre poi attivarsi in modo unitario per richiedere con urgenza la costituzione immediata di un tavolo tecnico con il Ministro della Giustizia, il C.S.M., l’Istituto di previdenza, l’Istituto nazionale di previdenza e mutualità tra i magistrati italiani e la stessa ANM per la costituzione di un fondo di previdenza integrativa, quale strumento di tutela ormai indispensabile per i magistrati entrati in carriera dopo il 1996 (anche tenuto conto del fatto che è la medesima riforma delle pensioni a prevedere che i contributi eventualmente prelevati per la quota superiore al c.d. tetto possano finanziare questo fondo, rendendolo in pratica agevolmente operativo quasi a costo zero e potendo per questa via anche evitarsi il presumibile contenzioso per il recupero dei contributi già indebitamente prelevati).
  • In quest’ottica Autonomia&Indipendenza, in considerazioni delle finalità sia dell’Istituto nazionale di previdenza e mutualità fra i magistrati italiani sia dello stesso C.S.M. (si vedano, rispettivamente, l’art. 3 del R.D.L. n. 1598/1919 circa le finalità previdenziali ed assistenziali dell’Istituto nazionale di previdenza e mutualità e l’art. 10, comma 1, n. 5, della L. n. 195/1958 circa la competenza del Consiglio superiore a deliberare sulle domande di sussidi, da intendersi come contributi economici non necessariamente finalizzati a scopi strettamente assistenziali), intende farsi promotrice, sin dal prossimo settembre e sin dalla prossima riunione del Comitato Intermagistrature, di una radicale rivisitazione del ruolo dell’Istituto nazionale di previdenza e di mutualità fra i magistrati italiani, in modo da renderlo un organo concretamente ed efficacemente deputato a perseguire le suesposte finalità del Consiglio Superiore e dell’Istituto medesimo.
  • E’ infatti indubitabile che, nel mutato e peggiorato panorama economico ed istituzionale, tale Istituto non possa più consistere in un piccolo ufficio deputato ad erogare limitati sussidi e le cui modalità di funzionamento sono peraltro ancora ad oggi ignote a moltissimi colleghi (che pure contribuiscono mese per mese al suo funzionamento con apposita trattenuta dalla propria retribuzione, per un importo annuo complessivamente pari ad € 2.017.140,40 stando al rendiconto annuale dell’Istituto relativo all’esercizio finanziario 2014).
  • Tale Istituto deve infatti a nostro avviso essere riorganizzato e trasformato in un moderno e competente organismo di welfare di categoria, deputato a gestire non solo l’istituendo fondo di previdenza complementare dei magistrati (che potrebbero ivi destinare i contributi non più prelevati oltre il massimale, con l’evidente vantaggio rappresentato da una più agevole e penetrante controllabilità dell’attività del fondo), ma anche gli ulteriori ed appositi fondi che proporremo di istituire per erogare ai magistrati le indennità non corrisposte dall’amministrazione nei casi di assenza giustificata dal servizio (si pensi ai casi di assenza per malattia, che hanno visto numerosi colleghi in difficoltà costretti a battaglie, purtroppo perse, per ottenere l’intera retribuzione proprio nei momenti in cui ne avevano maggiore bisogno); questi ultimi fondi ben potrebbero infatti essere finanziati non solo con i contributi versati da tutti i colleghi mediante la trattenuta mensile sulla busta paga, ma anche mediante destinazione all’Istituto in questione di quota del consistente avanzo di amministrazione del Consiglio Superiore (avanzo di amministrazione emergente dal rendiconto del C.S.M. relativo all’esercizio 2014 ed auspicabilmente destinabile anche ai sussidi la cui erogazione rientra tra le finalità cui il medesimo Consiglio Superiore è preposto).
  • Siamo consapevoli di porci obiettivi ambiziosi, ma siamo parimenti consapevoli del fatto che, se la magistratura non affronterà queste sfide in modo competente, coraggioso ed innovativo, perderà una ad una tutte le prerogative, anche giuridico – economiche, che in concreto le consentono di esercitare la giurisdizione in modo autonomo ed indipendente.

L’Ufficio Sindacale di Autonomia&Indipendenza

 

 

[1] Il c.d. massimale non si applica infatti né ai magistrati nominati con D.M. anteriori al 1.1.1996 né ai magistrati nominati con D.M. successivi a tale data che vantino già, ad oggi, un’anzianità contributiva anteriore al 31.12.1995 e priva di interruzioni sino al successivo ingresso in magistratura vuoi per aver versato contributi in qualsiasi gestione pensionistica obbligatoria (si considerino a tali fini i lavoratori dipendenti, i lavoratori autonomi, le casse per liberi professionisti anche se la relativa cassa è diversa da quella d’iscrizione alla data del 1.1.1996, nonché il lavoro all’estero, la maternità obbligatoria al di fuori del rapporto di lavoro e il servizio militare) vuoi per aver già riscattato gli anni del corso di laurea frequentati senza soluzioni di continuità rispetto all’ingresso in magistratura. In questa seconda ipotesi (magistrati nominati con D.M. successivo al 1.1.1996, ma che vantino già una pregressa anzianità contributiva come sopra descritta) l’amministrazione, nel momento in cui la retribuzione del magistrato supera il massimale, dovrebbe farsi parte diligente ed acquisire da questi una dichiarazione attestante l’esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva; è tuttavia opportuno a fini cautelativi che il magistrato che si trovi in questa situazione la rappresenti all’amministrazione e, per essa, all’INPS.

[2] Per procedere al riscatto di tutti o di alcuni anni del corso di laurea occorre oggi fare domanda tramite il sito dell’INPS, previa richiesta e rilascio del relativo PIN dispositivo; in passato la domanda veniva presentata al Ministero, con tempi di evasione dell’istanza molto superiori agli attuali. Sul sito dell’INPS sono anche disponibili alcune simulazioni di riscatto al fine di ipotizzare il presumibile e consistente onere economico, che può comunque essere rateizzato in massimo 10 anni.

[3]  Difforme e più favorevole decorrenza viene individuata dalla circolare INPDAP sopra menzionata, ma, come anche riferito dal legale incaricato dall’A.N.M., è dubbio se, a seguito dell’accorpamento di tale istituto nell’I.N.P.S., la Gestione Dipendenti Pubblici si sia adeguata alla diversa interpretazione offerta dall’I.N.P.S.

[4] A partire dal prossimo mese di settembre sarà disponibile sul sito www.autonomiaeindipendenza.it l’analitica descrizione dei servizi offerti dal consulente; considerata la molteplicità e la specificità delle richieste indirizzabili ad un consulente del lavoro si tratterà, al momento, di un servizio a pagamento (con costo a carico del magistrato), pur rendendosi Autonomia&Indipendenza disponibile a far confluire la propria esperienza in seno all’A.N.M., ove quest’ultima, riconosciuta l’utilità dell’iniziativa, ritenga di attivare per i colleghi un vero e proprio servizio di consulenza anche a carattere esclusivamente individuale ed a spese dell’associazione. Autonomia&Indipendenza è infatti convinta della necessità di rilanciare l’attività dell’ufficio sindacale dell’A.N.M., che dovrebbe rivestire un ruolo preminente ed essere un costante punto di riferimento dei colleghi quanto meno con riferimento alle principali questioni di carattere sindacale.

 

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