La CGUE sui contratti a termine nel pubblico impiego

La Corte di Giustizia interviene (ancora) sulla illegittima reiterazione dei contratti di lavoro a tempo determinato nel pubblico impiego.

di Michele Nardelli

La dibattuta questione dei contratti a termine nel pubblico impiego, nei casi di illegittima reiterazione, registra l’ennesima decisione, questa volta della CGUE (sentenza della Corte -prima sezione-, 7 marzo 2018), avente ad oggetto «Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Lavoro a tempo determinato – Contratti conclusi con un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico – Misure dirette a sanzionare il ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Principi di equivalenza e di effettività». Si tratta della decisione resa nella causa C494/16, il cui dispositivo recita <<La clausola 5 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che, da un lato, non sanziona il ricorso abusivo, da parte di un datore di lavoro rientrante nel settore pubblico, a una successione di contratti a tempo determinato mediante il versamento, al lavoratore interessato, di un’indennità volta a compensare la mancata trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in un rapporto di lavoro a tempo indeterminato bensì, dall’altro, prevede la concessione di un’indennità compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di detto lavoratore, accompagnata dalla possibilità, per quest’ultimo, di ottenere il risarcimento integrale del danno dimostrando, mediante presunzioni, la perdita di opportunità di trovare un impiego o il fatto che, qualora un concorso fosse stato organizzato in modo regolare, egli lo avrebbe superato, purché una siffatta normativa sia accompagnata da un meccanismo sanzionatorio effettivo e dissuasivo, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare>>.

Nella giurisprudenza nazionale giova richiamare Cass., Sez. U, Sentenza n. 5072 del 15/03/2016 (Rv. 639066 – 01), secondo cui <<In materia di pubblico impiego privatizzato, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, la misura risarcitoria prevista dall’art. 36, comma 5, del d.lgs. n. 165 del 2001, va interpretata in conformità al canone di effettività della tutela affermato dalla Corte di Giustizia UE (ordinanza 12 dicembre 2013, in C-50/13), sicché, mentre va escluso – siccome incongruo – il ricorso ai criteri previsti per il licenziamento illegittimo, può farsi riferimento alla fattispecie omogenea di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010, quale danno presunto, con valenza sanzionatoria e qualificabile come “danno comunitario”, determinato tra un minimo ed un massimo, salva la prova del maggior pregiudizio sofferto, senza che ne derivi una posizione di favore del lavoratore privato rispetto al dipendente pubblico, atteso che, per il primo, l’indennità forfetizzata limita il danno risarcibile, per il secondo, invece, agevola l’onere probatorio del danno subito>>; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 16095 del 02/08/2016 (Rv. 640721 – 01), secondo cui <<Nel lavoro pubblico contrattualizzato, in caso di abuso del contratto a tempo determinato da parte di una P.A., il dipendente, che abbia subito l’illegittima precarizzazione del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato di cui all’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001, al risarcimento del danno previsto dalla medesima disposizione, con esonero dall’onere probatorio, nella misura e nei limiti di cui all’art. 32, comma 5, della l. n. 183 del 2010 e, quindi, nella misura pari ad un’indennità onnicomprensiva tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri di cui all’art. 8 della l. n. 604 del 1966>>.

CGUE sui contratti a termine 07.03.2018

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